Bhaktivedanta Swami aveva sessantanove anni e avrebbe dovuto partire presto per l’America, anche se non aveva un soldo. Grazie alla sua grande determinazione riuscì ad ottenere un passaporto, un visto dal consolato che gli avrebbe permesso un soggiorno negli Stati Uniti di due mesi, assistenza per il viaggio e un modulo di garanzia firmato dal signor Gopal Agarwal, figlio di un uomo d’affari di Mathura, il quale viveva in America e aveva dichiarato che avrebbe provveduto al mantenimento di Bhaktivedanta Swami durante il suo soggiorno lì.

La signora Morarji, titolare della compagnia di navigazione Scindia, la quale lo aveva già aiutato con una donazione a stampare il secondo volume dello Srimad-Bhagavatam, nonostante le sue ansietà per le condizioni di salute dello Swami e di fronte alla sua determinazione, si convinse a prenotargli un posto su una delle sue navi, il Jaladuta.

Verso l’occidente

Il 13 agosto 1965 Bhaktivedanta Swami finalmente partì da Calcutta portando con sé soltanto una valigia, un ombrello, una copia della Caitanya-caritamrta che voleva leggere durante la traversata e una scorta di cereali secchi mentre alcuni bauli pieni dei suoi libri vennero spediti separatamente con una nave mercantile della Scindia.

Anche se, secondo la tradizione vaisnava, morire nel luogo santo di Vrindavana rappresenta la perfezione della vita, egli non si preoccupò di poter andare a morire lontano in un luogo straniero: più importante di tutto era soddisfare il desiderio del suo maestro spirituale.

Durante il viaggio soffrì molto il mal di mare e prima della fine di agosto ebbe due attacchi di cuore. Poi fece un sogno in cui Sri Krishna, remando su una barca, gli disse di non temere e di andare con Lui: Bhaktivedanta Swami si sentì rassicurato e i violenti attacchi di cuore non si ripeterono più.

Il capitano della nave sostenne di non aver mai attraversato l’oceano, in tutta la sua carriera, in modo così tranquillo come avvenne nel 1965. Bhaktivedanta Swami scrisse nel suo diario che Sri Krishna si era preso personalmente cura della nave perché se l’Atlantico avesse mostrato il suo solito volto, forse non sarebbe sopravvissuto.

Il 17 settembre, dopo trentacinque giorni di viaggio, la nave attraccò a Boston per un breve scalo prima di continuare per New York e il 19 settembre il Jaladuta arrivò finalmente al molo di Brooklyn a New York: Bhaktivedanta Swami venne accolto da un impiegato dell’assistenza viaggiatori mandato dagli Agarwal.

Il suo abbigliamento era perfettamente appropriato per un abitante di Vrindavana ma molto probabilmente fu il primo sannyasi vaisnava che arrivò a New York nel suo abbigliamento tradizionale, con la testa rasata eccetto un ciuffo di capelli dietro la nuca (sikha) e la fronte ornata con segni fatti con l’argilla sacra (tilaka vaisnava).

Arrivò a casa degli Agarwal a Butler, in Pennsylvania, la mattina dopo e la sua presenza in città suscitò da subito molta curiosità: le persone che lo incontrarono rimasero molto colpite dalla sua intelligenza e dal suo grande senso dell’umorismo. Piacque a tutti e la signora Agarwal lo definì un ospite perfetto.

Non trascorse una settimana che comparve un articolo con una sua foto con in mano lo Srimad-Bhagavatam sul Butler Eagle in cui venne definito un messaggero dell’India per gli uomini dell’Occidente, un insegnante erudito. Bhaktivedanta Swami tenne dei discorsi in vari gruppi della comunità e dopo un mese, dopo essersi assicurato che il suo messaggio fosse comunicabile e aver visto che gli individui si erano mostrati molto interessati a ciò che aveva da dire partì per Ner York.

New York

Lì non conosceva nessuno ma aveva l’indirizzo del dottor Mishra, un insegnante di hatha-yoga, che gli diede prima una stanza del suo appartamento per poi ospitarlo nel suo studio vicino a Central Park. In pieno contrasto filosofico con Bhaktivedanta Swami, il dottor Mishra considerava l’aspetto impersonale della Verità Assoluta (il Brahman) come il Supremo.

Al contrario Bhaktivedanta Swami sottolineava la supremazia dell’aspetto personale di Dio (Bhagavan). Lo Swami si trovò in una difficile situazione: come sannyasi mendicante dipendeva temporaneamente dalla gentilezza del dottor Mishra ma era venuto in America per parlare in modo puro e coraggioso di Krishna e dal dottor Mishra si vide porre tante limitazioni; venne trattato con gentilezza ma fu considerato anche una minaccia e per questo non gli fu permesso parlare delle glorie assolute di Sri Krishna come Persona Suprema agli studenti del dottore.

Scrisse ai dirigenti della Gaudiya Math di considerare l’opportunità di aprire un centro a New York, visto che altri gruppi mayavadi, sebbene non divulgassero la vera filosofia dell’India, stavano comprando molti palazzi. I suoi confratelli però erano più interessati a mantenere ciascuno il proprio tempio piuttosto che a collaborare con gli altri per diffondere gli insegnamenti di Sri Caitanya in tutto il mondo.

Tuttavia Bhaktivedanta Swami era convinto che se gli americani avessero adottato la coscienza di Krishna, il mondo intero li avrebbe seguiti. Non passava nemmeno un giorno senza che egli lavorasse sullo Srimad-Bhagavatam e senza che parlasse della filosofia della Bhagavad-gita.

Presto si trasferì dallo studio di yoga del dottor Mishra in una stanza tutta sua, un ufficio due piani più sotto, piccolo, stretto e senza mobili, adattandosi a dormire sul pavimento. Non aveva entrate sicure dato che per il suo sostentamento si serviva dei soldi guadagnati con la vendita dei libri: le sue spese erano aumentate e le comodità diminuite ma era libero di predicare come voleva.

Decise di tenere delle conferenze tre sere alla settimana per chiunque fosse andato a trovarlo e tra i primi che vennero ad ascoltarlo ci furono proprio alcuni frequentatori dello Yoga Society del dottor Mishra. La notizia di questi incontri arrivò presto al Paradox, un locale nel Lower Est Side dove si riunivano i giovani hippy interessati alle dottrine orientali.

Alcuni di loro, in particolare Harvey Cohen, un artista indipendente, e Bill Epstein, dipendente del Paradox, cominciarono a consigliargli di andare a predicare nel Lower Est Side dove c’era del movimento e dove la gente aveva davvero bisogno di lui. La Lower Est Side era abitata da giovani artisti, musicisti e intellettuali, oltre che da ragazzi della media borghesia scappati di casa.

Attratti dagli affitti a buon mercato questi giovani, diventati poi famosi come hippy, vagavano per i bassifondi del Lower Est Side come una protesta vivente contro la “bella vita” del materialismo americano: i discorsi sulla ricerca spirituale, l’LSD e la marijuana erano le loro chiavi per aprire nuovi regni di coscienza ed erano in voga le nozioni sulle culture e le religioni orientali.

Migliaia di giovani hippy camminavano per le strade del Lower East Side non semplicemente in preda agli stupefacenti o impazziti (anche se spesso lo erano davvero), ma in cerca della risposta ultima della vita, un’alternativa, un appagamento spirituale, ignorando completamente il sistema e la vita quotidiana di milioni di americani “perbene”.

Che la ricca terra d’America potesse nutrire tanto scontento tra i giovani fu una cosa che meravigliò lo Swami. Di sicuro era una prova in più che il benessere materiale, tanto sbandierato dall’America, non potesse dare la felicità.

La Bowery

Nel frattempo qualcuno scassinò la sua stanza: Harvey, in partenza per la California, gli offrì di andare a stare nella sua soffitta nella Bowery insieme a David Allen, un ricercatore di ventun’anni. Bhaktivedanta Swami accettò nonostante fosse stato messo in guardia del fatto che la Bowery non fosse luogo adatto per un gentiluomo ma il posto più corrotto del mondo.

La notizia che lo Swami si fosse trasferito lì si diffuse rapidamente e la gente cominciò a fargli visita alla sera per cantare con lui: la musica dei kirtana venne particolarmente apprezzata visto che la nuova congregazione dello Swami era composta per lo più da artisti e musicisti del luogo, i quali mostrarono maggior coinvolgimento per la musica trascendentale che non per la filosofia.

Bhaktivedanta Swami comunque teneva lezioni regolari sullo Srimad-Bhagavatam, ogni tanto insegnava a cucinare a chiunque fosse interessato e manteneva i suoi incontri serali tre volte alla settimana.

Colpì i giovani per la sua onestà e semplicità, ma anche per la sua immensa cultura e per il suo senso pratico: era saggio e concreto.

Si creò un piccolo gruppo di seguaci regolari ma un giorno, mentre Bhaktivedanta Swami stava tranquillamente lavorando sulla sua macchina da scrivere, David, il suo compagno di soffitta, con una dose di LSD diventò completamente pazzo, tanto da costringere lo Swami ad andarsene senza raccogliere le sue cose e senza nemmeno fermarsi a pensare a dove sarebbe potuto andare.

Bhaktivedanta Swami Maharaja, conosciuto e rispettato da tutti a Vrndavana come un grande studioso e devoto, si trovò improvvisamente sul lastrico come un qualsiasi derelitto vagabondo: prima che scendesse la notte doveva trovare un posto dove andare.

Affrontò la crisi come una prova di Krishna. Decise di telefonare a Carl Yeargens, un frequentatore abituale delle sue lezioni serali, che lo andò a prendere e lo ospitò a casa sua finché non trovò un’occasione in affitto: un negozietto sulla Seconda Avenue adatto per tenere le conferenze, con sopra un piccolo appartamento al secondo piano.

Curiosa e profetica appariva l’insegna dipinta a mano sopra la vetrina del negozio: “Doni impareggiabili”. Alcuni ragazzi che frequentavano le sue lezioni fecero una colletta per pagargli il primo mese di affitto e lo aiutarono a sistemarsi andando a prendere le sue cose alla soffitta della Bowery.

Al negozietto ricominciò a dare le sue solite lezioni di Bhagavad-gita tre sere alla settimana e i suoi incontri divennero sempre più affollati: la maggior parte dei ragazzi che arrivavano si erano imbarcati in viaggi psichedelici alla ricerca di un nuovo modo di espandere la coscienza, ma qualunque verità avessero trovato, erano rimasti insoddisfatti.

Adesso stavano provando il maha-mantra Hare Krishna. La combinazione appariva assai strana: un anziano swami indiano cantava un antico mantra in un negozietto pieno di giovani hippy americani che rispondevano al suo canto. Lo Swami in quei momenti era il capo di quei ragazzi, la loro guida in un regno sconosciuto.

Le sue lezioni furono molto semplici, eppure anche troppo piene di filosofia per quei giovani.

Fondazione dell’ISKCON, Società Internazionale per la Coscienza di Krishna

Sebbene Bhaktivedanta Swami fosse assistito solo da un piccolo gruppo di seguaci, guidato da una visione lungimirante e fiduciosa, nell’estate del 1966 decide di fondare l’Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna (ISKCON) che si sarebbe presto diffusa in tutto il mondo.

I ragazzi del Lower Est Side cominciarono a considerare lo Swami come loro maestro spirituale e ad affidargli la guida della loro vita. Impegnò i ragazzi a cucinare e a battere a macchina ma non è che lui lavorasse di meno: nelle prime ore del mattino, dalle due in poi, batteva a macchina le traduzioni e le spiegazioni del suo Srimad-Bhagavatam e, durante la giornata, distribuiva abbondantemente la sua saggezza incontrando persone di tutti i tipi per ore, giorno dopo giorno.

Uno degli aspetti dello Swami più apprezzati dai ragazzi era il suo incoraggiamento a mangiare più prasadam possibile perché, spiegava, il cibo offerto a Dio è spirituale ed ha il potere di purificare: questo creava un’atmosfera di allegria e familiarità. Per i ragazzi il cibo che lo Swami offriva loro non solo li avrebbe purificati ma era anche delizioso e saporito, molto meglio del cibo americano. Dallo Swami emanava un senso di dolcezza libera da ogni egoismo, una devozione totale.

Presto alcuni dei ragazzi presero l’iniziazione dopo aver pronunciato i voti, ossia la promessa di cantare ogni giorno sedici giri sul rosario e di rispettare i quattro principi regolatori: non consumare carne, pesce e uova; non fare uso di alcun prodotto intossicante (compresi droga, alcol, tè, caffè e sigarette); non avere rapporti sessuali illeciti (fuori del matrimonio); non abbandonarsi ai giochi d’azzardo e alla speculazione monetaria.

Un discepolo iniziato si assume inoltre la responsabilità di diffondere gli insegnamenti del suo maestro spirituale. Una domenica andarono per la prima volta a cantare con lo Swami nel parco e, dopo che lo Swami diede inizio al canto collettivo dei santi nomi di Dio, un pubblico interessato si riunì sempre più numeroso fino a diventare una folla di un centinaio di persone che cantavano e danzavano con grande trasporto.

Anche se i brahmana di casta in India avrebbero disapprovato il fatto che lo Swami stesse frequentando degli intoccabili come quei drogati americani, mangiatori di carne, egli sapeva che quello che stava facendo era perfettamente autorizzato dalle Scritture nelle quali è chiaramente affermato che la coscienza di Krishna deve essere insegnata a tutti i popoli, in quanto tutti sono anime spirituali eterne e tutti, senza distinzione, possono essere elevati al più alto livello della vita spirituale cantando il santo nome di Dio.

Quando tornò al negozietto trovò una folla di persone venuta dal parco per aspettarlo: volevano saperne di più sulla danza e sul canto, sull’anziano swami e i suoi discepoli. Da quel giorno cominciarono kirtana regolari nel parco e vennero scritti articoli sui giornali: al negozietto durante gli incontri serali non si trovava nemmeno più posto per sedersi.

Ben presto iniziarono le feste della domenica e Bhaktivedanta Swami pensò che fosse giunto il momento di far risorgere anche la sua rivista Back to Godhead affidandone la responsabilità ai suoi discepoli.

San Francisco

Nel gennaio del 1967, con grande dispiacere dei suoi ragazzi, decise di trasferirsi per alcune settimane a San Francisco raggiungendo un suo discepolo che lì affittò un negozietto per farne un altro tempio. Venne accolto con grande entusiasmo all’aeroporto da una cinquantina di giovani, la maggior parte dei quali ancora non lo conoscevano, e dai giornalisti dei più importanti quotidiani di San Francisco, il Chronicle e l’Examiner.

Il suo arrivo venne riportato anche nel telegiornale della sera. I kirtana della sera e del mattino avevano già reso famoso il tempio di San Francisco in Haight-Ashbury, ma quando i devoti cominciarono a distribuire gratuitamente un pasto al giorno, il tempio diventò davvero parte integrante della comunità: spesso arrivavano anche centocinquanta o duecento hippy dalle strade e i devoti avrebbero dato da mangiare a chiunque fosse venuto da loro.

Alcuni rimanevano e diventavano devoti, altri prendevano il prasadam e se ne andavano. L’opinione pubblica era molto preoccupata per il massiccio afflusso di giovani a San Francisco: la polizia e gli assistenti sociali erano in allarme per i problemi di salute e la miseria, specialmente in Haight-Ashbury. Per questo le autorità locali accolsero con gioia il servizio offerto dal tempio di Swami Bhaktivedanta, e quando i consiglieri comunali si trovarono a discutere la proposta di formare un comitato di emergenza per affrontare la crisi, chiesero la partecipazione dello Swami per la sua straordinaria abilità a far uscire i ragazzi dalla droga grazie alla devozione.

Dopo due mesi e mezzo Bhaktivedanta Swami, ormai conosciuto come Srila Prabhupada, ritornò a New York dove ebbe un forte attacco di cuore. Iniziò ad avere delle palpitazioni e forti dolori: cominciò a paralizzarsi tutta la parte sinistra del suo corpo. Chiese di mettere il quadro del suo maestro spirituale sul muro davanti a lui e ai suoi discepoli di pregare Krishna affinché gli concedesse di terminare la sua missione.

Non aveva fiducia nei dottori e si fece la diagnosi da solo chiedendo di essere massaggiato al petto, ma i suoi discepoli terrorizzati chiamarono un’ambulanza. Il personale ospedaliero, con profonda amarezza dei ragazzi, lo considerò come un qualsiasi vecchio con problemi cardiaci, un buon soggetto per le loro analisi statistiche.

Appena Prabhupada si ristabilì un pochino chiese ai discepoli di essere portato via, cosa che fecero nonostante le minacce dei dottori che dicevano che per colpa loro lo Swami sarebbe morto. Per quei ragazzi fu un’esperienza orribile. Per ristabilirsi Srila Prabhupada ritornò in India dove, con il caldo di Vrndavana e le medicine ayur-vediche, riacquistò velocemente la salute. Presto ritornò di nuovo in America.

L’espansione del movimento Hare Krishna

Consapevole del poco tempo rimasto a sua disposizione e della portata della sua missione, Prabhupada lavorò instancabilmente: dal 1968 al 1969 si spostò in continuazione attraverso gli Stati Uniti aprendo nuovi centri a Boston, Montreal, Santa Fé, Los Angeles, Seattle. Partecipò al festival del Ratha-yatra a San Francisco: attraverso il Golden Gate Park nel 1969 diecimila persone seguirono la grande manifestazione.

Dovunque Bhaktivedanta Swami si fermasse, rimase in contatto con tutti i suoi devoti e seguì per corrispondenza l’amministrazione del movimento in fase di sviluppo.

Alcuni dei suoi discepoli più audaci si offrirono spontaneamente di portare la coscienza di Krishna in Europa, anticipando l’arrivo di Srila Prabhupada stesso che visitò prima la Germania, verso la fine del 1969, e poi l’ Inghilterra, dove venne aiutato da John Lennon, che lo ospitò per alcuni mesi nella sua tenuta, e specialmente da George Harrison, che produsse anche un disco nel quale i discepoli cantavano il maha-mantra, disco che in poche settimane raggiunse il record di vendite in molti paesi europei, compresi quelli dell’Europa orientale.

Nel 1970 si spostò soprattutto negli Stati Uniti, dove iniziò centinaia di discepoli. Ripetutamente affermò di voler dedicare una parte del suo tempo al suo lavoro letterario, ma era assediato dall’amministrazione relativa ai centri Hare Krishna che si stavano diffondendo in tutto il mondo, compito che lo impegnava perfino nei particolari. Per questo creò un corpo governativo (GBC) di dodici discepoli e fondò anche la Bhaktivedanta Book Trust (BBT) al fine di organizzare la stampa e la distribuzione delle opere da lui tradotte.

Ogni mese, e talvolta ogni settimana, un nuovo centro si apriva, finché ve ne furono a dozzine soltanto negli Stati Uniti. Anime coraggiose si avventurarono in Australia e in Asia, in altri paesi d’Europa e in Africa e dovunque andassero seguirono la semplice formula voluta da Srila Prabhupada e dai precedenti maestri spirituali.

Verso la metà degli anni settanta lo Swami volle raggiungere un nuovo obbiettivo: riportare la coscienza di Krishna in India, dove il proliferare di swami non autentici e di presunte e false incarnazioni di Dio avevano creato confusione circa l’effettiva conclusione delle Scritture vediche. Tornò in India dopo tre anni accompagnato dai suoi discepoli occidentali e gli indiani, vedendo la serietà e la devozione di questi ragazzi, gradualmente cominciarono a rispettare Bhaktivedanta Swami Prabhupada come un grande santo dell’India.

A questo punto dette inizio a una delle sue più difficili campagne: la costruzione di grandi e sontuosi templi a Bombay, Mayapura (il luogo di nascita di Sri Caitanya) e Vrindavana (dove apparve Sri Krishna). Incontrò enormi difficoltà ma era deciso a creare non solo i templi, ma anche residenze per gli ospiti ad essi collegate affinché le persone potessero praticare la coscienza di Krishna con assiduità nell’atmosfera ispirante dei luoghi santi.

Nei primi anni settanta i viaggi di Prabhupada raggiunsero il culmine dato che ormai, per seguire la grande espansione del suo movimento, attraversava non soltanto gli Stati Uniti ma tutto il globo terrestre: in questi anni fece circa quattordici giri completi del mondo recandosi a Mosca, Parigi, Roma, Nairobi, nel Sud dell’Africa, Messico, Sud America, Australia e altre aree.

Pur viaggiando continuamente continuò le sue traduzioni: si alzava all’una del mattino per studiare i commentari dei maestri spirituali che lo avevano preceduto e poter scrivere i suoi commenti sullo Srimad-Bhagavatam. Ma nel 1977 la salute di Prabhupada peggiorò.

Dipartita di Srila Prabhupada

Ritenendo che la sua fine non fosse lontana, chiese di essere ricondotto a Vrindavana e che i devoti del corpo governativo lo raggiungessero per prendere tutti i provvedimenti necessari affinché il Movimento procedesse dopo il suo trapasso.

Nella sua stanza volle essere circondato da tutti i suoi discepoli ai quali chiese di cantare ininterrottamente il mantra Hare Krishna. Non volle medici, in quel momento più che mai desiderò la medicina del santo nome.

In tutta la sua vita fu di esempio e sapeva di dover mostrare alla gente anche come morire. Il 14 novembre del 1977, alle sette e mezza di sera, nella sua stanza al tempio di Krishna-Balarama a Vrindavana, diede la sua ultima istruzione lasciando questo mondo materiale e tornando nel regno di Dio: lasciò il corpo serenamente, cantando e ascoltando i santi nomi di Krishna.

La sua dipartita fu esemplare come esemplare fu l’intera sua vita: era venuto in questo mondo su richiesta di Dio per insegnarci come vivere una vita pura di coscienza spirituale, il che includeva l’insegnamento finale, come partire da questo mondo per ottenere la vita eterna.

Bhaktivedanta Swami Prabhupada è considerato oggi il maestro di filosofia vedica più autorevole ed è anche il più letto: ha pubblicato numerose opere essenziali come la Bhagavad-gita, i primi nove Canti dello Srimad-Bhagavatam e una parte del decimo (in tutto trenta volumi), la Sri IsopaniṣadGli insegnamenti di Sri CaitanyaIl Nettare della DevozioneIl Libro di Krishna, la Caitanya-caritamrta.

I suoi libri oggi vengono tradotti in tutte le lingue e distribuiti a decine di milioni in tutto il mondo. Il grande merito di Srila Prabhupada è stato quello di rendere comprensibile, adattandolo ai tempi moderni, l’originale messaggio dei Veda, senza interpretazioni arbitrarie e nel pieno rispetto degli insegnamenti della successione dei maestri autentici, permettendone la diffusione e la conoscenza nel mondo occidentale.

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